Siamo veramente pronti per lo smart working?

Il covid-19 ha stravolto la quotidianità di tutti noi. Nel periodo di lockdown, il web e il digitale sono diventati fondamentali per trascorrere il nostro tempo libero, ma anche per soddisfare delle esigenze primarie come fare acquisti, informarsi e per mantenere i contatti con parenti, amici e colleghi di lavoro.

Secondo quanto raccolto da GFK, Growth from Knowledge, nel periodo di riferimento 21 febbraio-21 marzo, il tempo speso dagli italiani sui social network è aumentato del 31% rispetto all’anno precedente, occupando il terzo posto dietro a “siti di informazione quotidiana” (+45%) e “siti di vendita al dettaglio” (+124%) come supermercati e negozi di bene di prima necessità.

Da parte nostra, abbiamo offerto formazione gratuita ai membri della community dal nome Overpress Media Factory, mentre per i nostri clienti (a carattere scientifico, sportivo, politico etc.) abbiamo utilizzato maggiormente lo strumento delle dirette Facebook e Instagram, con l’intento di diminuire le distanze che si sono create durante il lockdown tra i brand e i loro fan. 

Tutti noi abbiamo cambiato abitudini e stili di vita, scoprendo (in alcuni casi per la prima volta) un nuovo modo di lavorare: lo smart working. A fine 2019 era circa mezzo milione il numero di lavoratori italiani a beneficiare del cosiddetto lavoro agile, mentre durante il lockdown sono stati più di 8 milioni.

Gli italiani sono arrivati preparati a questo cambiamento epocale? Secondo l’osservatorio Starting Finance Deal, l’Italia – che nel 2019 era al primo posto in Europa per analfabetismo digitale – nel 2020 ha avuto un incremento del 35% sull’utilizzo dei device digitali. Una buona notizia, ma va anche detto che questa percentuale è aumentata non per scelta, ma per necessità. Milioni di italiani, infatti, sono stati costretti a lavorare con tool che fino ad allora non avevano mai visto né conosciuto. Sempre secondo SFD, nella top 10 delle piattaforme di videoconferenze, Zoom è stata quella più scaricata al mondo, con 131 milioni di download; presenti ovviamente anche Microsoft Teams, Skype e Google Hangouts.

Non tutti però le hanno sapute usare nel modo corretto. C’è chi durante una call è andato in bagno lasciando accesa telecamera e microfono, o chi come Don Paolo Longo ha trasmesso la santa messa in diretta dalla sua pagina Facebook, accorgendosi solo in seguito di aver avviato i filtri con gattini, occhiali da sole o cappelli in stile Gandalf de “Il signore degli anelli”.

È diventato virale anche il video del laureando che, non contento del voto, ha urlato “bastardo” al professore pensando di avere il microfono spento, senza dimenticare la gaffe di un assessore che, durante un consiglio comunale in videoconferenza, ha rivolto proposte piccanti a sua moglie in diretta.

Il lockdown ci ha fatto scoprire – in evidente ritardo rispetto agli altri paesi europei – i benefici del lavoro agile, su tutti quello della produttività. L’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano ha stimato un incremento pari al 15%, per non parlare dei benefici ambientali: risparmio energetico, riduzione delle emissioni di CO2 e del traffico.

Probabilmente, nel 2030, ci guarderemo indietro chiedendoci per quale motivo abbiamo speso tempo e denaro quando in realtà tutto quello che ci serviva ce l’avevamo già dentro casa. Certo, sempre se saremo in grado di utilizzarlo…

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